Catania, la Comunità di Sant'Egidio e Dario Monteforte hanno rievocato lo sbarco di 12 anni fa al Lido Verde
- di Ylenia Emanuela Fichera
- 10 ago 2025

A 12 anni dallo sbarco avvenuto a Catania il 10 agosto 2013 sulle coste del Lido Verde, la comunità di Sant’Egidio, come ogni anno da allora, ha dedicato la giornata alla commemorazione del triste evento che ha portato alla morte sei dei giovani egiziani presenti su quella barca.
A ricordare l’accaduto con i presenti è stato Dario Monteforte, proprietario della struttura balneare e primo soccorritore durante l’alba di quel lontano 10 agosto. Con un intervento carico di emozioni ha narrato quella storia, dandole un senso e lanciando con essa un importante messaggio di speranza: “La nostra presenza oggi, qui, è la testimonianza che una parte della società civile non resta indifferente e non dimentica. La stele posta dinanzi all’ingresso del Lido Verde racconta di ciò che è successo, di ciò che non dovrebbe succedere, racconta di noi uomini e donne che viviamo al di qua e al di là del mare”. Monteforte ha proseguito portando all’attenzione il binomio presente sulla stele che recita: “Morire di speranza”, facendo notare come questi due termini posti l’uno accanto all’altro possano effettivamente apparire distonici, ma che rappresentano con fedeltà il vissuto di quelle persone che persero la vita con la speranza di farcela e degli altri che, con più fortuna, riuscirono ad aggrapparsi a essa e farla propria, sopravvivendo. Attraverso le parole indimenticabili di Gino Strada, con un’importantissima parentesi su quello che sta accadendo alle centinaia e migliaia di persone palestinesi sotto il cielo di Gaza, Monteforte ha aggiunto: “I nostri fratelli che arrivano dal mare vivono la stessa disperata esperienza degli abitanti palestinesi: desiderano vivere, ma sono vittime dell’egoismo e della cecità dei potenti, che agiscono e possono agire così perché l’umanità resta indifferente. Il grido di chi muore nel deserto, nei lager libici o nel Mediterraneo, è lo stesso di quanti tremano sotto le bombe di Gaza. E la stessa è la nostra indifferenza. Dobbiamo essere noi la voce di quanti in questo momento non hanno voce”. A quest’invito di destamento seguono le parole di Emiliano Abramo, presidente della Comunità di Sant’Egidio, il quale, attraverso la trama della notte di San Lorenzo, ha ricordato il rilievo che hanno i valori della memoria e dell’amicizia: “Nel fare memoria della tragico sbarco vissuto a Catania nel giorno di San Lorenzo del 2013, una delle prime immagini che mi torna in mente è quella della città che era orgogliosa di accogliere le prime navi da crociera cariche di turisti desiderosi di vivere le loro vacanze e, poche centinaia di metri dopo, sullo stesso litorale della Playa, sbarcavano quasi duecento giovani egiziani animati dal desiderio di vivere in pace, lontano dalla violenza. Oggi vorrei dire, in modo quasi provocatorio, che possiamo anche rinunciare per un certo periodo ai nostri desideri ovvero che non dobbiamo essere avidi, affamati di realizzare ogni desiderio subito. I poveri ci aiutano a capire questo concetto. Sono loro che più di tutti hanno messo da parte i propri desideri. C'è un'amicizia che si costruisce rimanendo vicini nei momenti difficili, nelle difficoltà, come quella che ci riporta ogni anno in questo luogo di memoria. Questa amicizia così intesa, inclusiva, costruita con cultura fede e carità, è una forza vera e importante, capace di guardare al futuro sottraendolo ai nostri oppositori, coloro che hanno abbandonato il senso di responsabilità intergenerazionale rimanendo predatori dell'oggi”. Dopo queste parole, ricordando che viviamo tutti sotto lo stesso cielo, si è conclusa la giornata con un dono floreale sulla stele, con la promessa di ribellarsi davanti alla trappola mortale dell’indifferenza.
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