Lo chef Marco Bertoni si racconta: dagli esordi a Noto, capitale del barocco
- di Giuseppe Proiti
- 3 ago 2025

Marco Bertoni nasce l’11 ottobre del 1972 nel borgo marinaro di Brucoli (frazione di Augusta), figlio d'arte, il papà era il cavaliere Pippo Bertoni che dal 1960 fino al 2010 ha fatto la storia dell'enogastronomia in Italia con i ristoranti “Trotilon” e “Al Castello”.
Marco Bertoni sin da giovane ha seguito le orme del padre studiando la storia della enogastronomia siciliana e ricoprendo ruoli di responsabilità in varie strutture turistiche tra San Lorenzo, Marzamemi, Melilli. “Negli anni – osserva lo chef - ho voluto fare per mia iniziativa delle esperienze che ho utilizzato come una scuola collaborando con varie aziende e colleghi chef, soprattutto con imprenditori di eccellenza, i quali mi hanno insegnato davvero cos’è la ristorazione. All'inizio l'ho presa come un hobby, ma oggi mi dedico a perfezionare quella che è la storia della Sicilia nell'ambito enogastronomico. Ho avuto il piacere di lavorare per i gruppi Marriott Hotel, Mangias Hotel e Resort, in particolare a Taormina dove ho lavorato con il gruppo Pellegrino nei ristoranti “L’orologio” e “La buca”, eccellenze gastronomiche della Perla dello Jonio”.
Adesso dove svolge la sua attività?
“Ho voluto fare una scommessa – prosegue Bertoni – a Noto, capitale del barocco, portando avanti una cucina di una trattoria storica, gestita per molti anni dalla famiglia Giselli, dove oggi mi vede chef executive alla trattoria “Il Carmine”. Qui ho iniziato a studiare la storia della val di Noto, i popoli che l'hanno conquistata e, soprattutto, tutte le specialità che nei millenni hanno fatto la storia di questo territorio. Nelle mie ricette mi ispiro, oltre alla tradizione della zona, anche ai piatti “poveri” che mi preparava mia nonna. Mi piace molto spiegare ai clienti e ai turisti che vengono a Noto come nasce una caponata, perché si chiama caponata e anche le sue diverse versioni, come ad esempio quella di tonno. La tradizionale parmigiana l’ho voluta chiamare come la chiamava mia nonna, un “tortino di melanzane” fatto con delle melanzane al forno, pomodoro fresco, del basilico appena raccolto e un mix di formaggio fresco, come il pecorino ragusano. Riguardo al mio modo di cambiare idea su come affrontare e gestire la cucina, devo dire grazie a tre persone: Cateno De Luca, sindaco di Taormina, a cui mi lega antica amicizia. Lui mi ha insegnato che qualsiasi cosa si scelga di fare nella vita bisogna studiare ed essere seri. Le altre persone che mi hanno insegnato molto sono il cavaliere Silvio Praino e Carmelo Zanghi.
Oggi, a Noto, per me è una grande rivincita; sto cucinando come a Taormina per molti vip, molti personaggi di spicco e molti amici che mi conoscono e che vengono da lontano a gustare i miei piatti.
I clienti cercano sempre più di frequente quel piatto “povero” ma con tanta storia dentro, ben servito e con un’immensità di gusti e profumi. Ho preparato un menù con pochi antipasti, primi e secondi piatti e anche i dolci. Sì, anche i dolci, perché un bravo chef (ed in questo si distingue dal semplice cuoco) deve saper fare dal pane ai dolci.
Sono felice che oggi a Noto, patria di moltissimi chef, giri anche il mio nome come eccellenza culinaria. Inoltre, sono orgoglioso che dal 2023 rivesto la carica di ambasciatore della cultura enogastronomica italiana nel mondo e che da due anni a questa parte in tantissimi luoghi d’Italia e in Sicilia è richiesta la mia presenza”.
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