Antichi mestieri, il calzolaio: quando le scarpe si costruivano a mano

  • di Salvatore Cifalinò
  • 4 ago 2025

Erano gli anni ‘60  e ricordo ancora l’odore della pelle e del cuoio, quando, ragazzino, mi trovavo a passare da un calzolaio che aveva la bottega vicino casa mia.
A  quei tempi le scarpe venivano costruite su misura e interamente a mano, ancora non c’erano i macchinari di oggi.
Fare il calzolaio era considerato si un mestiere, ma anche un’arte. Il calzolaio, per realizzare un paio di scarpe, prima  disegnava il modello della scarpa che aveva in mente su un foglio di carta, quella che trovava a portata di mano, che poteva essere il foglio di un giornale o carta paglia.  Successivamente, il modello veniva incollato su un cartone leggero che permettesse al calzolaio di ritagliare bene la tomaia e le fodere che poi venivano avvolti nella forma di legno, che sagomava  in base alla forma anatomica del piede del cliente. Per rendere ben rafforzata la scarpa, tra la tomaia e la suola  veniva applicato il guardolo (in lingua siciliana si chiamava ‘u vaddiuni); era una striscia di cuoio larga circa 4 centimetri, di una lunghezza che potesse bastare per coprire i bordi della forma e, perché questa si potesse plasmare, veniva messa in bagno nell’acqua in un contenitore di terracotta (chiamato ‘u scifu) almeno per 8-10 ore.
A quei tempi, per costruire un paio di scarpe, normalmente, occorreva una settimana di lavoro.
Ora tutto è cambiato, le scarpe vengono costruite nelle fabbriche attraverso “catene di montaggio”;  non ci sono più  i ciabattini  di un tempo, ma rimangono ricchezze  del sapere e di tradizioni che faremmo bene a trasmettere ai giovani affinché non vengano dimenticate.

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